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 Cesare Lombroso – Antropologia criminale

Definizione (Trecani): Scienza dell’uomo, considerato sia come soggetto o individuo, sia in aggregati, comunità, situazioni. Criminale: Scienza che si propone lo studio dei particolari caratteri somatici e psicofisici del delinquente.

La domanda spontanea è: perché antropologia criminale ha a che fare con l’unità d’Italia ed il Regno delle due Sicilie? Se digitiamo il temine sul solito motore di ricerca spunta subito un nome a cui la maggior parte degli articoli legano tale scienza: Cesare Lombroso ed un museo (a Torino). Non sarebbe un “nostro fatto” se il dott. Lombroso non avesse avuto ‘intuizione” (chiamiamola cosi!) di legare questa scienza ad un altro nome Giuseppe Villella. Ma che studia questa scienza , sempre dalla Treccani: mira a interpretare il comportamento antisociale delinquenziale come conseguenza di condizioni biologiche antropologicamente rilevabili e offre criteri di distinzione dei vari tipi di criminali.

Nel 1860 la scienza era dibattuta con le teorie darviniane ed antropologiche sulle razze, ed ancora oggi non del tutto superate. Lombroso visse in Calabria per 3 mesi nel 1862 come militare medico quando già l’annessione era cosa fatta (fa pure una pubblicazione nel 1863 e rivista molti anni dopo “in Calabria”). Al tempo al fine di studio di tale nuova scienza era d’uso la “raccolta” dei crani (per onor di cronaca non solo del Sud) da parte degli studiosi di l’antropologia dell’uomo e come interpretare malformazioni a comportamenti criminali; citiamo in Italia Andrea Verga, Paolo Mantegazza, o altri studiosi in Europa Alphonse Bertillon, Henry Maudsley studiosi del comportamento e devianze dell’uomo. Lombroso al contrario del suo amico (poi nemico) Mantegazza non aveva molte possibilità di viaggi esteri per cui venne in Calabria in quanto poteva avere a disposizione molti “reperti” su cui fare le ricerche sulle razze. Qui mette le basi per la sua teoria delle razze (sud tipo africana e nord tipo ariana!). Il vero problema di Lombroso fu mischiare una scienza, ed una ricerca scientifica, con la politica e difendere l’indifendibile. Il dott. Lombroso studioso della pellagra (malattia molto diffusa all’epoca in Piemonte) fece una cattiva figura scientifica nei confronti degli altri colleghi in quanto cercò inutilmente di attribuire le cause della stessa alla cattiva conservazione del granturco più che alla deficienza di alcune vitamine nella dieta delle persone, solo perché cosi riuscì a far spendere un po’ di soldi per migliorare l’agricoltura piemontese, affinché la filiera fosse più evoluta.

Nel 1872 ci fu l’evento “horribilis” che trasformò Giuseppe Villella nel “morto/cranio (ndr)” scientificamente più famoso del mondo ed in un “delinquente nato e terribile brigante (ndr)”, e con lui tutti i meridionali per proprietà associativa e transitiva. Cosa, che purtroppo ancora oggi, resiste in alcune menti e ideologie politiche che fondano le loro radice nell’ignoranza più totale oltre ad una vena razzista mai del tutto debellata.

Ma chi era Giuseppe Villella? Un “innocente minchione” come dice Mantegazza (dal testo Stato carnefice o Uomo delinquente di Giuseppe Gancemi - ed. Magenes-2019 - da cui traiamo le maggiori informazioni di questo articolo ed a cui rimandiamo per un’ampia lettura della questione) termine che racchiude la pochezza di Lombroso nei sui studi sull’antropologia criminale e dei successi, più per servizi resi alla politica di allora, che per meriti scientifici e confronti con gli studiosi dell’epoca.

Giuseppe Villella era un bracciante (operaio contadino) che non sapeva nemmeno rubare un capretto (fu accusato nel 1843 per furto a mano armata con altre persone di cinque ricotte, una forma di formaggio, due pani e due capretti, ossia persone, che cambiato l’assetto politico e clima di repressione, avevano semplicemente fame!) e fu cosi sfortunato che ogni volta che cercava di rubare qualcosa lo beccavano (processo del 1863), il classico ladro per fame. Nulla a che vedere con i briganti delinquenti (tipo Pietro Bianchi da Bianchi o Pietro Monaco di Spezzano) che con i briganti politici (alla Crocco, alla Giordano o Sergente Romano) e Mantegazza, appunto, riassume il tutto con un “innocente minchione”. Egli non fu mai un brigante ma un poveraccio che assolto da alcuni furti molto probabilmente incappò nella legge Pica, arrestato fu trasferito, come molti, nelle galere del nord.

In vita il detenuto Giuseppe Villella incontrò Lombroso, ma quello più importante accadde proprio nel 1872 a circa 6 anni dalla sua morte. Lombroso scrive di aver fatto “autopsia” a Villella (diremo in ritardo!), più che altro fra tutti i crani che aveva a disposizione, notò che il cranio di Villella presentava una piccola malformazione, ossia “la fossetta occipitale mediana, e un’ipertrofia del vermis” e si illumina. Noi diremo più che illuminarsi si è illuso! In pratica dietro il cranio Villella non c’era il cornetto fra le due fossette ma un’altra fossetta, un po’ più ampia di quella presente in molti casi di persone alienate (persona che soffre di patologie mentali), o in alcune scimmie per quest’ultimo motivo alcune teorie accostano Lombroso alla tesi darviniana, da qui, una certa importanza nella storia, vero o falso che sia l’evoluzionismo di Darwin.

Lui studioso collego, però, troppe cose contemporaneamente e si rese protagonista di una interpretazione criticata da tutti allora e che oggi la scienza nega. La sua illuminazione “mi apparve tutto ad un tratto, come una larga pianura sotto un infiammato orizzonte, risolto il problema della natura del delinquente” legava la fossetta alle caratteristiche simili di alcuni primati (atavici e poco evoluti) e visto che per lui Villella era un delinquente, quindi un brigante, ne conseguì che tutti i briganti sono delinquenti, questo, associato ad altri elementi (enormi mandibole, orecchie a manubrio, tatuaggi, estrema pigrizia), fa delinquenti atavici poco evoluti ed inferiori “quasi” tutti i meridionali.

Quindi la guerra al brigantaggio venne di colpo giustificata dal fatto che tutti i briganti (ed accusati di brigantaggio, il che ci voleva poco!) fossero dei delinquenti nati (atavici) e dato che a quel tempo i briganti erano in maggior numero al Sud, al sud erano tutti delinquenti, che poi avessero ucciso come delinquenti decine di persone o che avessero difeso il loro pezzo di terra dagli invasori poco importa.

La logica che mette Gangemi nel suo libro è ampiamente condivisibile e da questa logica desumiamo in breve due punti critici che rendono futili se non ridicole le teorie lombrosiane (si fa notare che Lombroso esporta tali teorie anche in America) il primo fatto è quanto il suo collega Verga (a cui non è mai piaciuta la teoria di Lombroso) trova un altro caso di fossetta occipitale solo che però questo individuo è bergamasco ed è un gentiluomo, Verga invita ad un confronto Lombroso tramite pubblicazioni sulla rivista di Mantegazza, ma egli non gli rispose mai.

Per chiudere il discorso Villella mostra la confusione metodologica di Lombroso di fatto il povero Peppino passa da “uomo stortillato” e “non mostrò agilità muscolare straordinaria” ad agile e gagliardo (all’età di 70 anni!) “resisteva all’assalto di tre robusti soldati” (vedi pubblicazione citata o l’Uomo delinqunte di Lombroso).

Il secondo episodio lo fornisce lo stesso Lombroso quando nel corso dei suoi studi prima cataloga come delinquente atavico un tal Verzeni, pluriomicida, violentatore seriale e poi per opportunità lo declassa a delinquente occasionale, conservando la posizione sulla delinquenza atavica e cannibalesca di Villella, enorme contradizione!

Un terzo aspetto non indifferente fu quanto Lombroso dovette giustificare due razze in un'unica nazione, qui sorgeva un problema e non di poco conto, allora, egli magistralmente trovò la soluzione che vedeva nelle persone più colte (nobili) e magari che avevano più ardentemente aderito all’annessione una sorte di immunità! Fantastico!

Omettiamo le varie figuracce di Lombroso sul brigante (militare!) Misdea e sulle brigantesse francesi ma affrontiamo quello che di Lombroso ancora oggi rimane.

Lombroso ebbe molti seguaci (troppi!) Ferri, Bizzozero, Niceforo, Sighele i quali, se vogliamo, fecero e dissero pure di peggio. I concetti lombrosiani però, se pur ridicoli, ogni tanto (spesso!) vedi museo Lombroso e altri rivalutatori del suo pensiero sono riportati in auge. Come sappiamo per lunghi anni tali concetti sono stati propinati sia da una certa classe politica nazionale sia da simpatizzanti che da siti web, d’altronde sappiamo che la storia la scrivono i vincitori che ci lasciarono l’appunto e la storia della “razza maledetta”. Teorie che hanno avuto seguito anche in Europa (il caso volle che Lombroso al tempo Marco Ezchia fosse ebreo!).

Le teorie dell’ideatore del partito che ha messo a simbolo dell’unità d’Italia Alberto da Giussano non possono essere ritenute estranee a quello che è ancora oggi resiste di Lombroso e della teoria delle razze, l’ideologia di tale partito non è finita con il fondatore ma anche il suo successore da sempre a sbraitato l’indipendenza della Padania e contro il Sud e che oggi per opportunismo sembrano sopite, ma l’autonomia differenziata ce lo ricorda!

 

Lasciamo il lettore con una domanda ed un dubbio: ma se le teorie di Lombroso per tutti gli studiosi sono “ataviche” superate e del tutto infondate perché ancora oggi se ne parla e vengono tirate in ballo su giornali, web, e da esimi professori? Non sarà che poi del tutto sopite e messe nel cassetto tali teorie in Italia poi non sono state riposte?

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